È ora nelle sale Il Robot Selvaggio, trasposizione cinematografica del libro The Wild Robot di Peter Brown. Il film, diretto da Chris Sanders, segue le avventure dell’automa Rozzum 7134 della Universal Dynamics, precipitato su un’isola popolata da soli animali, in un futuro nel quale il genere umano ha lasciato il pianeta Terra. La storia si dipana attraverso molteplici fili conduttori, con spunti morali presenti in numerosi film di formazione per ragazzi quali l’amicizia, l’importanza della solidarietà e la necessità di perseverare per raggiungere i propri obiettivi. L’ultimo film DreamWorks (ultimo in tutti i sensi, dato che la casa ha annunciato che questo sarà l’ultimo lavoro completamente autoprodotto) porta una ventata di aria fresca nel panorama dell’animazione, a partire da una ricerca particolare nel design: nonostante l’accuratezza, si è deciso di allontanare il tratto da quella ipertrofia nel realismo che ha caratterizzato l’ascesa del grande cinema di animazione negli ultimi anni. I colori de Il Robot Selvaggio sono più tenui e pennellati, come se ogni fotogramma fosse un quadro impressionista di formidabile fattura, che gioca a favore di quella sospensione dell’incredulità ormai perduta dal pubblico. È così che il film accompagna lo spettatore per 102 minuti, senza che quest’ultimo si perda in inutili congetture ed elucubrazioni. Su grande schermo, Il Robot Selvaggio è un’esperienza visiva maestosa e tuttavia delicata. Il cinema d’animazione vive una straordinaria annata, grazie a una lista eterogenea di titoli. Oltre al film di Sanders, Inside Out 2 della rivale Disney ha registrato incassi record, nonostante manchi della freschezza che ha reso il primo film una pietra miliare. In questo scontro tra titani si frappongono interessanti pellicole indipendenti come Flow, film lettone presentato a Cannes in uscita il 7 novembre che, come il film DreamWorks, punta tutto sul minimalismo. Sarà davvero battaglia aperta alla notte degli Oscar ma, mai come quest’anno, la semplicità potrebbe ripagare.
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