All’alba dei tempi gli occhi dei nostri progenitori si posarono sul pallido profilo di un oggetto che si celava e compariva, alternatamente, nel cielo notturno.
Già osservata dai Babilonesi, seducente dea per Greci e Romani, nell’antica narrativa giapponese la Luna ospita una bellissima fanciulla che spezzò il cuore dell’imperatore .
Nei suoi poemi Ludovico Ariosto narra che Astolfo, paladino di Carlo Magno, giunse sulla Luna a cavallo dell’ippogrifo per ritrovare il senno perduto di Orlando.
A metà del diciassettesimo secolo l’astronomo gesuita Giovanni Battista Riccioli attribuì una nomenclatura ai rilievi e alle depressioni osservabili sulla faccia visibile del nostro satellite: scelse di chiamare “mari” le grandi chiazze scure che solcano la lattiginosa livrea lunare. Il “Mare Tranquillitatis” è una vasta area di roccia basaltica che, tre secoli più tardi, incrocerà il destino dell’intera umanità.
UN ANNO RICCO DI EVENTI
Il 1969 è un anno di profondo cambiamento. Richard Nixon è il nuovo Presidente degli Stati Uniti, inizia così una politica di disimpegno sullo spinoso scenario del Vietnam.
E’ l’anno del delirante massacro di Bel Air ad opera della “famiglia” capeggiata da Charles Manson; il festival musicale di Woodstock si accinge a diventare un evento di portata storica. I Beatles si esibiscono nel leggendario concerto sul tetto in Savile Row, mentre i Rolling Stones piangono la prematura scomparsa di Brian Jones.
Al cinema i giovani ribelli sognano di sfidare il Mondo a bordo di una moto come gli antieroi di “Easy Rider”.
Nel frattempo l’Unione Sovietica perde gradualmente il proprio vantaggio nella corsa allo Spazio e si concentra sull’esplorazione strumentale grazie alle sonde dei programmi Luna e Venera. Gli Stati Uniti sviluppano parallelamente le sonde Mariner, atte all’esplorazione dei pianeti Venere, Mercurio e Marte.
Il 16 luglio 1969 è mercoledì: un bizzarro veicolo metallico si muove nel silenzio assoluto del cosmo. A bordo, tre individui osservano la Terra allontanarsi attraverso gli oblò. Non sono i protagonisti di un romanzo di Verne, ma tre astronauti esperti, tutti reduci da missioni effettuate nel corso del fortunato programma “Gemini”. Poche ore prima, i tre decollavano a bordo di un razzo Saturn V contenente i tre moduli che consentiranno a questi astronauti di portare i primi esseri umani sulla Luna.
Michael Collins è un colonnello dell’Aviazione: pilota esperto, taciturno e sportivo, nel 1968 una serie di problemi fisici ha messo a repentaglio la sua presenza a bordo dell’Apollo 11. Anche Edwin “Buzz” Aldrin è un colonnello dell’Aeronautica, veterano decorato della guerra in Corea, uomo ruvido e scostante, studioso e docente al Massachusetts Institute of Technology. Buzz, incarnazione dell’archetipo di eroe americano, è spiritoso e sbruffone quanto basta, un combattente molto diverso dal terzo uomo a bordo dell’Apollo 11.
Il comandante di missione Neil Armstrong è un ingegnere aeronautico dell’Ohio. Dopo aver combattuto in Corea, Armstrong smette la divisa e diviene collaudatore di veicoli sperimentali. Calmo, freddo e metodico, entrato alla NASA grazie al grande spirito di abnegazione, Armstrong è anche un uomo dilaniato da piccoli e grandi drammi personali. Houston ha scelto lui come astronauta designato a scendere per primo dalla scaletta del lander, incontrando un certo malumore da parte di Aldrin.
APPUNTAMENTO CON LA STORIA
Il 20 luglio milioni di spettatori da tutto il mondo assistono, con il fiato sospeso, ad uno degli eventi più suggestivi che il genere umano ricordi.
Nei giorni precedenti tutto sembra essere andato per il meglio, la Luna è letteralmente ad un passo. Collins, che rimane in orbita a bordo del modulo di comando per riagganciare successivamente i compagni di viaggio, sgancia il LEM che ospita Aldrin e Armstrong.
Nella tarda serata italiana arriva la prima, storica notizia: il modulo lunare si è posato (non senza imprevisti) sul suolo del nostro satellite, nella regione detta “Mare della Tranquillità”.
Sono ore di febbrile attesa: è quasi l’alba in Italia quando una figura umana apre il portellone del veicolo spaziale e scende lentamente i pioli di una scaletta metallica. Solo ed esposto agli elementi, Armstrong affronta la silenziosa desolazione lunare. “That’s one small step for (a) man, one giant leap for mankind”, con questa storica frase Armstrong squarcia il silenzio ostile del cosmo.
Distante trecentottantamila chilometri da una Terra confusa, brutale e volubile, l’ingegnere outsider venuto dall’Ohio, è il moderno Astolfo. Discendente di quegli stessi ominidi, per millenni osteggiati ed umiliati da indicibili sofferenze inferte da una natura matrigna e dai propri simili, egli stesso schiacciato da una vita colma di dispiaceri, Armstrong è in piedi sulla superficie di quell’astro foriero di speranza.
Il genere umano vive la breve illusione di aver finalmente posto fine alle proprie divisioni, alla luce di una nuova era spaziale e nelle parole incise sulla placca posta ai piedi del LEM “Siamo venuti in pace per tutta l’umanità”.
Il 24 luglio una squadriglia di elicotteri si leva in volo dalla portaerei “Hornet” in direzione di uno spicchio dell’Oceano Pacifico situato a meno di quattrocento chilometri dal piccolo atollo Johnston. I tre astronauti sono tornati sulla Terra al termine di una missione straordinaria, una vicenda umana dai risvolti scientifici e sociali senza precedenti.
Le immagini della missione Apollo 11: